C’è molta confusione attorno al lavoro da freelance, al punto che chi sta per finire l’Università non sempre ha le idee chiare su come iniziare a lavorare in proprio e non sa neppure quali siano le differenze tra un lavoro autonomo e un lavoro dipendente.
Questo articolo nasce con l’obiettivo di far capire nel modo più semplice possibile cosa voglia dire fare il freelance, anche senza diretta esperienza. Può essere letto sia da chi sta ancora studiando, sia da neolaureati sia da chi abbia il posto fisso ma voglia fare il “salto” e provare a lavorare senza capi né cartellino da timbrare.
Lavorare in proprio è diventato molto diffuso in Italia, soprattutto a partire dalla crisi economica del 2008 e dalla riduzione delle assunzioni in pianta stabile da parte delle imprese. Essere imprenditori di se stessi è la normalità per tantissimi giovani lavoratori - il Ministero dell’Economia e delle FInanze stima che esistano circa 5 milioni di lavoratori autonomi in Italia.
Per capire le differenze con un posto fisso dobbiamo partire dalle parole. Anzitutto, il termine corretto è freelancer ma in Italia ormai freelance è utilizzato per indicare chi svolge l’attività da solo o da sola. Possiamo identificarlo con l’equivalente di lavoratore/trice autonomo/a. Si tratta di una modalità di organizzazione del lavoro in cui l’attività di produrre o di erogare un servizio è completamente e interamente affidata a una sola persona: la stessa che poi guadagna dalla vendita sul mercato delle proprie competenze e non tanto o solo del bene o progetto realizzato.
Essere freelance, infatti, non ha a che fare con il “cosa” - il settore - ma con il “come”. L’esempio classico è quello dell’insegnamento: possiamo insegnare privatamente, come formatori, e allora saremo lavoratori autonomi, oppure possiamo sostenere un concorso e farci assumere da una scuola e allora saremo sempre docenti ma dipendenti. Ancora: possiamo diventare designer e lavorare per clienti che ci troviamo da soli, oppure farci assumere in uno studio di architettura e ottenere un contratto e un posto fisso (o per lo meno a tempo determinato).
Questi elementi però non fanno capire le vere differenze con il posto fisso che potremmo riassumere in questo modo. A differenza di un lavoratore dipendente, un freelance:
- Deve investire di tasca propria l’avvio della sua attività, pagando ad esempio pc, licenze, o l’affitto dell’ufficio, i trasporti, la formazione continua ecc…;
- Deve trovare da solo clienti e commesse e deve averne più di uno (anche se esistono freelance che lavorano per un solo committente);
- Deve gestire i rapporti direttamente con i clienti;
- Deve organizzare il proprio tempo in base ai progetti e servizi che eroga;
- Non ha orari, ma scadenze e deadline da rispettare.
Spesso si parla indifferentemente di autonomi e partite IVA, come fossero sinonimi, ma in realtà la partita IVA è a sua volta uno dei possibili modi di dichiarare gli introiti al fisco se si è freelance.
Facciamo un esempio: se voglio diventare consulente informatico per vari clienti, posso lavorare aprendo una partita IVA - che è letteralmente un codice numerico grazie a cui l’Agenzia delle Entrate individua la mia particolare attività e che andrà riportato sui documenti e le fatture per ottenere i compensi dai clienti o presentare la dichiarazione dei redditi a fine anno - oppure posso anche stipulare dei contratti di ingaggio che simulano il lavoro a progetto anche senza bisogno di aprire una posizione autonoma con partita IVA. In entrambi i casi, però, il lavoro è svolto in modalità freelance.
Fulvio Romanin ha scritto un libro spassosissimo su come aprire partita IVA e sopravvivere senza impazzire, si chiama l’IVA Funesta. Inoltre tra i tool che facilitano la tenuta della contabilità ci sono strumenti intuitivi e facili come Fatture in cloud.
Tra i lavoratori autonomi o freelance, c’è poi un’ulteriore categoria: quella dei liberi professionisti. In questo caso, oltre al lavoro in proprio, per svolgere l’attività serve superare o un esame di Stato o ottenere una certificazione ed essere iscritti a un particolare albo, in genere detenuto da un ordine professionale: vale per avvocati, medici, ingegneri, architetti, giornalisti, assicuratori, ecc..
La grande differenza tra un libero professionista e un lavoratore autonomo senza ordine o albo è che nel secondo caso i contributi per la pensione - la previdenza - non vengono gestiti dal’Inps bensì da casse professionali private come l’ENPAM per i medici o la Cassa Forense per gli avvocati.
E’ un sistema abbastanza complesso quello che permette di lavorare come freelance, al punto che in uno stesso settore - mettiamo Marketing e Comunicazione - si possono avere inquadramenti del tutto diversi. Così, chi lavora come giornalista sarà iscritto all'albo e alla cassa dedicate; ma chi invece lavora come social media manager o addetto stampa non avrà nessun ordine di riferimento e pagherà i contributi all’Inps.
La prima cosa da fare se si vuole lavorare in proprio è copiare; ovvero seguire l’esempio di lavoratori o colleghi con più esperienza in quel settore per analizzare tre elementi:
a) Carico di lavoro - cioè capire se da soli sia possibile gestire progetti, servizi e soprattutto quanti clienti;
b) Costi - cioè capire quanto occorra spendere inizialmente per avviare la propria attività (es. affittando una scrivania in un coworking, comprando un pc ecc..).
c) Effettiva richiesta - cioè quanti potenziali clienti vorrebbero ingaggiarci per i nostri servizi e le nostre competenze e dove è possibile trovarli.
Le professioni o i mestieri legati al digitale, a Internet e alla consulenza online, ad esempio, hanno oggi costi minori di gestione e soprattutto un carico di lavoro organizzabile. Un conto però è diventare sviluppatore backend o frontend freelance e creare siti e portali web investendo su un'attrezzatura minima e una scrivania; un altro è voler lavorare con le analisi Big Data simulando le operazioni e i servizi forniti da aziende con strutture molto complesse (pensate alle società di sondaggistica e di indagini di mercato o in generale alle grandi società di consulenza che svolgono compiti complessi, come Pwc, KPMG, Accenture, ecc..).
In base anche alla propria esperienza e abilità è possibile gestire anche più progetti e clienti, ma occorre essere consapevoli dei propri limiti: un consulente legale molto esperto può seguire decine di casi al mese. Chi è alle prime armi invece è bene inizi con pochi ma selezionati lavori.
Non esiste una regola univoca, ma in generale i costi per sostenere la propria attività non dovrebbero mai superare di oltre due terzi il totale dei guadagni. Inutile quindi affittare un ufficio in centro città se l’affitto mangia più di metà del nostro budget.
Importante è poi capire se ci sia richiesta di servizi e competenze per il lavoro che si vuole svolgere da freelance e dove ce ne sia di più - quindi dove trovare i clienti - senza fare fare l’errore di comprare attrezzatura o aprire partita IVA prima di avere delle richieste o delle commesse.
Gli scenari in questo caso possono variare molto ma ad esempio, appena usciti dall’Università anziché diventare subito consulenti finanziari in proprio ha forse senso svolgere stage o maturare anche una breve esperienza in un’azienda o contesto in cui entrare a contatto con potenziali futuri clienti o realtà che potrebbero ingaggiarci poi in modalità “lavoratore autonomo”. Chiaramente questo non vale se invece il tirocinio è stato svolto durante il percorso di studi e abbia fruttato già qualche buon aggancio.
Questo approccio vale soprattutto per le libere professioni e aiuta a imparare, ad esempio, come fissare il proprio prezzo, la propria parcella: se a ore, a giornata, in base alla difficoltà del progetto richiesto ecc…. e senza mai dimenticare che il prezzo deve essere:
- Giusto
- Competitivo
Giusto rispetto alla propria preparazione - una lettera scritta da un avvocato può costare 500 euro ma quei soldi non indicano la lettera, ma gli anni di studio necessari a poter scrivere in linguaggio tecnico-giuridico - ma se la media delle consulenze disponibili sul mercato si aggira attorno ai 350 euro allora è possibile fissare la propria quota attorno a quella soglia per avere più chance di essere scelti dai clienti.
Infine, c’è un elemento di cui tener conto: il freelance non è necessariamente costretto a lavorare da solo, ma anzi può collaborare con reti più o meno grandi di lavoratori autonomi e prendere spunto dalle collaborazioni per allargare le proprie competenze e soprattutto la propria cerchia di clienti.
Bene quindi frequentare o spazi di coworking o contesti formativi ed eventi per freelance, ad esempio il Freelance Camp o il Freelance Day.
Molto utili sono poi i servizi dedicati ai lavoratori autonomi come quelli offerti dall’associazione Acta in Rete - compresa la consulenza del commercialista - e Smart-It, una cooperativa che garantisce al freelance l’anticipo sui compensi da incassare, senza dover aspettare il saldo da parte dei clienti.
Esistono anche piattaforme di matching per il lavoro autonomi, più o meno dedicate allo scopo. Un esempio è Mathesia, in cui le aziende pubblicano i progetti o i problemi che hanno bisogno siano risolti, e consulenti con background tecnico-scientifici da tutto il mondo si possono candidare per ottenere il lavoro; oppure, su siti open-source come Github chi sviluppa o lavora nel campo digital può collaborare a progetti condivisi che però sono anche ottimi terreni di incontro con potenziali clienti e aziende a caccia di consulenti informatici.
In generale, un bravo o una brava freelance sa usare molto bene le piattaforme social per la propria promozione professionale: da LinkedIn a Facebook passando per Instagram, a seconda dell’ambito anche curare la comunicazione del cosa si fa e di come lo si sappia fare è utile per scovare clienti e lavori.
In generale tra i vantaggi del lavoro autonomo ci sono questi elementi:
- Totale libertà di gestione del lavoro;
- Nessun vincolo di orario né di luogo di lavoro;
- Indipendenza economica, nel senso che non c’è un limite o un tetto al potenziale guadagno;
- Creatività e stimoli continui dovuti al fatto che essendo da soli bisogna ingegnarsi per essere ricercati e competitivi sul mercato del lavoro.
Esistono però anche i lati negativi e difficili di cui tener conto:
- Necessità di una ferrea autodisciplina;
- Carico di lavoro e organizzativo elevato senza possibilità di delegare responsabilità - tranne quando si hanno dei collaboratori;
- Ritardi nei pagamenti, che in genere non sono mai mensili bensì bimestrali, trimestrali o anche a sei mesi o più;
- Necessità di anticipare le spese e sostenere tutti i costi dell’attività;
- Assenza o scarsità di sussidi in caso di disoccupazione, maternità o calo del lavoro: il freelance guadagna solo se resta sempre attivo.
Ed ecco alcuni profili che svolgono il loro lavoro anche in modalità freelance:
E’ la figura che permette alle aziende di conquistare un mercato, o di crearne uno nuovo. Una sorta di consigliere o stratega in grado di anticipare mosse dei concorrenti e cambi di rotta nella moda e nelle tendenze di mercato (approfondisci leggendo anche Ecco perché dovreste proprio accettare una posizione da business consultant).
Non è per forza un commercialista ma un esperto di regole fiscali, tasse e normative applicabili in un determinato comparto sia nel paese in cui un cliente opera sia all’estero (scopri cosa fa e da chi è ricercato).
Si tratta di una delle professioni autonome per eccellenza e può arrivare ad avere un ampio portafoglio clienti per la cura della parte contabile e fiscale delle attività lavorative altrui, comprese quelle di intere aziende (leggi anche Economia e lavoro: cosa aspettarsi dopo la laurea).
Anche in questo caso parliamo di una delle attività freelance più tipiche, anche se la forma di lavoro a volte può essere ibrida - esistono infatti studi legali che assumono i propri avvocati -. In generale però un bravo consulente legale può guadagnarsi una buona fetta di clienti non solo per seguire cause in tribunale ma per stendere contratti e lavorare alla cosiddetta parte extra o stragiudiziale (scopri come funziona l’industria della consulenza).
E’ un consulente, o meglio una figura esperta di tecnologie e infrastrutture informatiche da proporre a clienti e aziende. Spesso lavora per grandi gruppi di consulenza come Deloitte o Accenture o per le stesse società informatiche che hanno una divisione per la consulenza, come IBM (leggi Cinque buoni motivi per lavorare come IT Consultant).
E’ un mestiere svolto principalmente in modalità freelance ma che offre tantissime declinazioni. Oggi, infatti, non esiste semplicemente lo sviluppatore informatico per creare siti web, ma il frontend e il backend developer, il fullstack developer, il Java developer (leggi anche Lavorare come sviluppatore o web developer) che lavorano con singoli committenti e offrono servizi di coding e non solo.
Portfolio - E’ il biglietto da visita dei propri lavori e di ciò che un freelance sa fare. Può trattarsi di una raccolta di esempi di siti web realizzati per i clienti, di pubblicazioni, di risultati di successo degni di nota: l’importante è che siano descritti chiaramente sul o sito o profilo LinkedIn per agganciare potenziali nuovi committenti.
Preventivo - E’ un documento informale che fissa i costi iniziali per un lavoro e che il freelance presenza al cliente che può chiedere un aggiustamento o accettare. Il preventivo per essere valido è meglio sia firmato dal cliente (scopri come costruire un preventivo).
Lettera di incarico - è il contratto con cui un freelance si accorda per lavorare con un singolo cliente o azienda o collaborare con altri lavoratori autonomi. E’ fondamentale perché fissa obblighi, tempi di consegna, modalità di lavoro e soprattutto fissa il compenso e i tempi di pagamento: è anche l’unico documento che può valere in caso di controversia perché la fattura, da sola, non basta a provare che c’è un rapporto di lavoro (qui c’è un modello tipo di lettera di incarico per i commercialisti).
Monocommittenza - indica il fatto che anche se si ha partita IVA a volte ci si può trovare a lavorare per un solo grande cliente, ad esempio un’azienda di consulenza come KPMG o Accenture: è come se si fosse dipendenti ma con alcune libertà tipiche del freelance. E’ un terreno legittimo ma rischioso perché occorre capire quando la monocommittenza mascheri in realtà un rapporto di lavoro dipendente che dovrebbe garantire quindi tutele, contributi e limiti d’orario.
Coworking - è lo spazio di lavoro condiviso che oggi sono molto numerosi in Italia e all’estero. Offrono spazio fisico, connessione wifi e sale riunioni ma soprattutto un network di lavoratori, professionisti e aziende con cui può essere utile entrare in contatto per crescere professionalmente.
Tutored è il punto di incontro tra studenti, neolaureati e aziende. Entra nella community di tutored per esplorare tutte le opportunità di carriera in linea con i tuoi studi, leggere i consigli dei recruiter delle aziende attive su tutored per prepararti al meglio al tuo prossimo colloquio.
C’è molta confusione attorno al lavoro da freelance, al punto che chi sta per finire l’Università non sempre ha le idee chiare su come iniziare a lavorare in proprio e non sa neppure quali siano le differenze tra un lavoro autonomo e un lavoro dipendente.
Questo articolo nasce con l’obiettivo di far capire nel modo più semplice possibile cosa voglia dire fare il freelance, anche senza diretta esperienza. Può essere letto sia da chi sta ancora studiando, sia da neolaureati sia da chi abbia il posto fisso ma voglia fare il “salto” e provare a lavorare senza capi né cartellino da timbrare.
Lavorare in proprio è diventato molto diffuso in Italia, soprattutto a partire dalla crisi economica del 2008 e dalla riduzione delle assunzioni in pianta stabile da parte delle imprese. Essere imprenditori di se stessi è la normalità per tantissimi giovani lavoratori - il Ministero dell’Economia e delle FInanze stima che esistano circa 5 milioni di lavoratori autonomi in Italia.
Per capire le differenze con un posto fisso dobbiamo partire dalle parole. Anzitutto, il termine corretto è freelancer ma in Italia ormai freelance è utilizzato per indicare chi svolge l’attività da solo o da sola. Possiamo identificarlo con l’equivalente di lavoratore/trice autonomo/a. Si tratta di una modalità di organizzazione del lavoro in cui l’attività di produrre o di erogare un servizio è completamente e interamente affidata a una sola persona: la stessa che poi guadagna dalla vendita sul mercato delle proprie competenze e non tanto o solo del bene o progetto realizzato.
Essere freelance, infatti, non ha a che fare con il “cosa” - il settore - ma con il “come”. L’esempio classico è quello dell’insegnamento: possiamo insegnare privatamente, come formatori, e allora saremo lavoratori autonomi, oppure possiamo sostenere un concorso e farci assumere da una scuola e allora saremo sempre docenti ma dipendenti. Ancora: possiamo diventare designer e lavorare per clienti che ci troviamo da soli, oppure farci assumere in uno studio di architettura e ottenere un contratto e un posto fisso (o per lo meno a tempo determinato).
Questi elementi però non fanno capire le vere differenze con il posto fisso che potremmo riassumere in questo modo. A differenza di un lavoratore dipendente, un freelance:
- Deve investire di tasca propria l’avvio della sua attività, pagando ad esempio pc, licenze, o l’affitto dell’ufficio, i trasporti, la formazione continua ecc…;
- Deve trovare da solo clienti e commesse e deve averne più di uno (anche se esistono freelance che lavorano per un solo committente);
- Deve gestire i rapporti direttamente con i clienti;
- Deve organizzare il proprio tempo in base ai progetti e servizi che eroga;
- Non ha orari, ma scadenze e deadline da rispettare.
Spesso si parla indifferentemente di autonomi e partite IVA, come fossero sinonimi, ma in realtà la partita IVA è a sua volta uno dei possibili modi di dichiarare gli introiti al fisco se si è freelance.
Facciamo un esempio: se voglio diventare consulente informatico per vari clienti, posso lavorare aprendo una partita IVA - che è letteralmente un codice numerico grazie a cui l’Agenzia delle Entrate individua la mia particolare attività e che andrà riportato sui documenti e le fatture per ottenere i compensi dai clienti o presentare la dichiarazione dei redditi a fine anno - oppure posso anche stipulare dei contratti di ingaggio che simulano il lavoro a progetto anche senza bisogno di aprire una posizione autonoma con partita IVA. In entrambi i casi, però, il lavoro è svolto in modalità freelance.
Fulvio Romanin ha scritto un libro spassosissimo su come aprire partita IVA e sopravvivere senza impazzire, si chiama l’IVA Funesta. Inoltre tra i tool che facilitano la tenuta della contabilità ci sono strumenti intuitivi e facili come Fatture in cloud.
Tra i lavoratori autonomi o freelance, c’è poi un’ulteriore categoria: quella dei liberi professionisti. In questo caso, oltre al lavoro in proprio, per svolgere l’attività serve superare o un esame di Stato o ottenere una certificazione ed essere iscritti a un particolare albo, in genere detenuto da un ordine professionale: vale per avvocati, medici, ingegneri, architetti, giornalisti, assicuratori, ecc..
La grande differenza tra un libero professionista e un lavoratore autonomo senza ordine o albo è che nel secondo caso i contributi per la pensione - la previdenza - non vengono gestiti dal’Inps bensì da casse professionali private come l’ENPAM per i medici o la Cassa Forense per gli avvocati.
E’ un sistema abbastanza complesso quello che permette di lavorare come freelance, al punto che in uno stesso settore - mettiamo Marketing e Comunicazione - si possono avere inquadramenti del tutto diversi. Così, chi lavora come giornalista sarà iscritto all'albo e alla cassa dedicate; ma chi invece lavora come social media manager o addetto stampa non avrà nessun ordine di riferimento e pagherà i contributi all’Inps.
La prima cosa da fare se si vuole lavorare in proprio è copiare; ovvero seguire l’esempio di lavoratori o colleghi con più esperienza in quel settore per analizzare tre elementi:
a) Carico di lavoro - cioè capire se da soli sia possibile gestire progetti, servizi e soprattutto quanti clienti;
b) Costi - cioè capire quanto occorra spendere inizialmente per avviare la propria attività (es. affittando una scrivania in un coworking, comprando un pc ecc..).
c) Effettiva richiesta - cioè quanti potenziali clienti vorrebbero ingaggiarci per i nostri servizi e le nostre competenze e dove è possibile trovarli.
Le professioni o i mestieri legati al digitale, a Internet e alla consulenza online, ad esempio, hanno oggi costi minori di gestione e soprattutto un carico di lavoro organizzabile. Un conto però è diventare sviluppatore backend o frontend freelance e creare siti e portali web investendo su un'attrezzatura minima e una scrivania; un altro è voler lavorare con le analisi Big Data simulando le operazioni e i servizi forniti da aziende con strutture molto complesse (pensate alle società di sondaggistica e di indagini di mercato o in generale alle grandi società di consulenza che svolgono compiti complessi, come Pwc, KPMG, Accenture, ecc..).
In base anche alla propria esperienza e abilità è possibile gestire anche più progetti e clienti, ma occorre essere consapevoli dei propri limiti: un consulente legale molto esperto può seguire decine di casi al mese. Chi è alle prime armi invece è bene inizi con pochi ma selezionati lavori.
Non esiste una regola univoca, ma in generale i costi per sostenere la propria attività non dovrebbero mai superare di oltre due terzi il totale dei guadagni. Inutile quindi affittare un ufficio in centro città se l’affitto mangia più di metà del nostro budget.
Importante è poi capire se ci sia richiesta di servizi e competenze per il lavoro che si vuole svolgere da freelance e dove ce ne sia di più - quindi dove trovare i clienti - senza fare fare l’errore di comprare attrezzatura o aprire partita IVA prima di avere delle richieste o delle commesse.
Gli scenari in questo caso possono variare molto ma ad esempio, appena usciti dall’Università anziché diventare subito consulenti finanziari in proprio ha forse senso svolgere stage o maturare anche una breve esperienza in un’azienda o contesto in cui entrare a contatto con potenziali futuri clienti o realtà che potrebbero ingaggiarci poi in modalità “lavoratore autonomo”. Chiaramente questo non vale se invece il tirocinio è stato svolto durante il percorso di studi e abbia fruttato già qualche buon aggancio.
Questo approccio vale soprattutto per le libere professioni e aiuta a imparare, ad esempio, come fissare il proprio prezzo, la propria parcella: se a ore, a giornata, in base alla difficoltà del progetto richiesto ecc…. e senza mai dimenticare che il prezzo deve essere:
- Giusto
- Competitivo
Giusto rispetto alla propria preparazione - una lettera scritta da un avvocato può costare 500 euro ma quei soldi non indicano la lettera, ma gli anni di studio necessari a poter scrivere in linguaggio tecnico-giuridico - ma se la media delle consulenze disponibili sul mercato si aggira attorno ai 350 euro allora è possibile fissare la propria quota attorno a quella soglia per avere più chance di essere scelti dai clienti.
Infine, c’è un elemento di cui tener conto: il freelance non è necessariamente costretto a lavorare da solo, ma anzi può collaborare con reti più o meno grandi di lavoratori autonomi e prendere spunto dalle collaborazioni per allargare le proprie competenze e soprattutto la propria cerchia di clienti.
Bene quindi frequentare o spazi di coworking o contesti formativi ed eventi per freelance, ad esempio il Freelance Camp o il Freelance Day.
Molto utili sono poi i servizi dedicati ai lavoratori autonomi come quelli offerti dall’associazione Acta in Rete - compresa la consulenza del commercialista - e Smart-It, una cooperativa che garantisce al freelance l’anticipo sui compensi da incassare, senza dover aspettare il saldo da parte dei clienti.
Esistono anche piattaforme di matching per il lavoro autonomi, più o meno dedicate allo scopo. Un esempio è Mathesia, in cui le aziende pubblicano i progetti o i problemi che hanno bisogno siano risolti, e consulenti con background tecnico-scientifici da tutto il mondo si possono candidare per ottenere il lavoro; oppure, su siti open-source come Github chi sviluppa o lavora nel campo digital può collaborare a progetti condivisi che però sono anche ottimi terreni di incontro con potenziali clienti e aziende a caccia di consulenti informatici.
In generale, un bravo o una brava freelance sa usare molto bene le piattaforme social per la propria promozione professionale: da LinkedIn a Facebook passando per Instagram, a seconda dell’ambito anche curare la comunicazione del cosa si fa e di come lo si sappia fare è utile per scovare clienti e lavori.
In generale tra i vantaggi del lavoro autonomo ci sono questi elementi:
- Totale libertà di gestione del lavoro;
- Nessun vincolo di orario né di luogo di lavoro;
- Indipendenza economica, nel senso che non c’è un limite o un tetto al potenziale guadagno;
- Creatività e stimoli continui dovuti al fatto che essendo da soli bisogna ingegnarsi per essere ricercati e competitivi sul mercato del lavoro.
Esistono però anche i lati negativi e difficili di cui tener conto:
- Necessità di una ferrea autodisciplina;
- Carico di lavoro e organizzativo elevato senza possibilità di delegare responsabilità - tranne quando si hanno dei collaboratori;
- Ritardi nei pagamenti, che in genere non sono mai mensili bensì bimestrali, trimestrali o anche a sei mesi o più;
- Necessità di anticipare le spese e sostenere tutti i costi dell’attività;
- Assenza o scarsità di sussidi in caso di disoccupazione, maternità o calo del lavoro: il freelance guadagna solo se resta sempre attivo.
Ed ecco alcuni profili che svolgono il loro lavoro anche in modalità freelance:
E’ la figura che permette alle aziende di conquistare un mercato, o di crearne uno nuovo. Una sorta di consigliere o stratega in grado di anticipare mosse dei concorrenti e cambi di rotta nella moda e nelle tendenze di mercato (approfondisci leggendo anche Ecco perché dovreste proprio accettare una posizione da business consultant).
Non è per forza un commercialista ma un esperto di regole fiscali, tasse e normative applicabili in un determinato comparto sia nel paese in cui un cliente opera sia all’estero (scopri cosa fa e da chi è ricercato).
Si tratta di una delle professioni autonome per eccellenza e può arrivare ad avere un ampio portafoglio clienti per la cura della parte contabile e fiscale delle attività lavorative altrui, comprese quelle di intere aziende (leggi anche Economia e lavoro: cosa aspettarsi dopo la laurea).
Anche in questo caso parliamo di una delle attività freelance più tipiche, anche se la forma di lavoro a volte può essere ibrida - esistono infatti studi legali che assumono i propri avvocati -. In generale però un bravo consulente legale può guadagnarsi una buona fetta di clienti non solo per seguire cause in tribunale ma per stendere contratti e lavorare alla cosiddetta parte extra o stragiudiziale (scopri come funziona l’industria della consulenza).
E’ un consulente, o meglio una figura esperta di tecnologie e infrastrutture informatiche da proporre a clienti e aziende. Spesso lavora per grandi gruppi di consulenza come Deloitte o Accenture o per le stesse società informatiche che hanno una divisione per la consulenza, come IBM (leggi Cinque buoni motivi per lavorare come IT Consultant).
E’ un mestiere svolto principalmente in modalità freelance ma che offre tantissime declinazioni. Oggi, infatti, non esiste semplicemente lo sviluppatore informatico per creare siti web, ma il frontend e il backend developer, il fullstack developer, il Java developer (leggi anche Lavorare come sviluppatore o web developer) che lavorano con singoli committenti e offrono servizi di coding e non solo.
Portfolio - E’ il biglietto da visita dei propri lavori e di ciò che un freelance sa fare. Può trattarsi di una raccolta di esempi di siti web realizzati per i clienti, di pubblicazioni, di risultati di successo degni di nota: l’importante è che siano descritti chiaramente sul o sito o profilo LinkedIn per agganciare potenziali nuovi committenti.
Preventivo - E’ un documento informale che fissa i costi iniziali per un lavoro e che il freelance presenza al cliente che può chiedere un aggiustamento o accettare. Il preventivo per essere valido è meglio sia firmato dal cliente (scopri come costruire un preventivo).
Lettera di incarico - è il contratto con cui un freelance si accorda per lavorare con un singolo cliente o azienda o collaborare con altri lavoratori autonomi. E’ fondamentale perché fissa obblighi, tempi di consegna, modalità di lavoro e soprattutto fissa il compenso e i tempi di pagamento: è anche l’unico documento che può valere in caso di controversia perché la fattura, da sola, non basta a provare che c’è un rapporto di lavoro (qui c’è un modello tipo di lettera di incarico per i commercialisti).
Monocommittenza - indica il fatto che anche se si ha partita IVA a volte ci si può trovare a lavorare per un solo grande cliente, ad esempio un’azienda di consulenza come KPMG o Accenture: è come se si fosse dipendenti ma con alcune libertà tipiche del freelance. E’ un terreno legittimo ma rischioso perché occorre capire quando la monocommittenza mascheri in realtà un rapporto di lavoro dipendente che dovrebbe garantire quindi tutele, contributi e limiti d’orario.
Coworking - è lo spazio di lavoro condiviso che oggi sono molto numerosi in Italia e all’estero. Offrono spazio fisico, connessione wifi e sale riunioni ma soprattutto un network di lavoratori, professionisti e aziende con cui può essere utile entrare in contatto per crescere professionalmente.
Tutored è il punto di incontro tra studenti, neolaureati e aziende. Entra nella community di tutored per esplorare tutte le opportunità di carriera in linea con i tuoi studi, leggere i consigli dei recruiter delle aziende attive su tutored per prepararti al meglio al tuo prossimo colloquio.